L’arte di infiascare il Vino


AN0R1076L’arte di infiascare il Vino

Non più esercitato a causa degli alti costi di produzione, il lavoro della fiascaia (o del fiascaio) è legato alla produzione del fiasco in vetro contenitore utilizzato per il vino. Si narra che in Toscana, il termine “infiascare il vino” procedimento che ne permette l’imbottigliamento a mano, derivi dal recipiente in uso. Il fiasco infatti, è una bottiglia di vetro di colore verde scuro, trasparente, o marrone, rivestita e dal collo allungato alla cui base troviamo un cerchio di paglia o di sala e “salicchio”  (cordicelle di erba palustre essiccate tipiche del Padule di Fucecchio) che permettono alla bottiglia di stare dritta e di essere al riparo dagli urti. Il vetro invece è il materiale che permette una migliore conservabilità della bevanda di bacco, poiché i colori scuri permettono al prodotto una minore esposizione alla luce. Citato in due novelle del Decamerone di Giovanni Boccaccio (scritto fra il 1349 e il 1353) fanno riferimento al fiasco come recipiente idoneo per contenere “vino vermiglio”. Però è grazie alla spinta agraria, voluta da Cosimo Ridolfi, che si sviluppò una vasta creazione di contenitori (fiaschi, damigiane, bottiglioni, coppi) per il trasporto dei principali prodotti della terra: olio e vino.

Il fiasco (come il vetro per le damigiane) veniva prodotto nelle vetrerie dai maestri vetrai specializzati e senza l’ausilio di stampi e successivamente rivestiti dalla sapiente mano dell’uomo. Il fiasco comune, rivestito di sala a strisce diagonali (detto a uso Chianti) era utilizzato per imbottigliare il vino da tavola. Inoltre a metà del Novecento, i fiaschi destinati all’esportazione o esposti in occasione di mostre vinicole, furono decorati con i colori della bandiera italiana ad inneggiare il vero Made in Italy. Il fiasco è stato per lungo tempo utilizzato all’interno delle famiglie toscane (e talvolta ancora oggi è possibile trovarlo poiché da sempre è considerato contenitore di vino Toscano e modellato da alcuni sapienti maestri artigiani) sin quando non è stato sostituito dalla bottiglia bordolese, sicuramente di facile trasporto ed economica.

Il lavoro del fiascaio o delle fiaschettaie (o fiascaie come venivano chiamate le donne in Toscana) era un lavoro sapiente, duro e poco remunerato. Pertanto nel 1836 durante lo sciopero delle trecciaiole di Firenze, ci sono anche queste donne a chiedere migliori condizioni di lavoro. Un lavoro svolto a domicilio ma che richiedeva un tempo di lavorazione lungo e meticoloso che iniziava alle prime ore del mattino per conquistare i primi posti davanti le vetrerie.

L’impagliatura dei fiaschi, delle damigiane, delle sedie e di altri oggetti, era molto importante per l’economia locale poiché coinvolgeva uomini e donne, a partire dalla raccolta delle erbe palustri (Padule di Fucecchio) all’industria vetraria Empolese, fino alle fiascaie che si occupavano di rivestimento, alla cantina per “infiascare” il vino novello. Ed in fine sulla tavola, per allietare la fatica di un duro giorno di lavoro.